Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna 1855 - Bologna 1912) è un grande poeta del Novecento, scrittore, intellettuale e critico letterario.
La sua vita fu segnata dall'uccisione del padre da parte di ignoti mai identificati avvenuta quando Giovanni aveva solo dodici anni: per lui fu la fine traumatica di un'infanzia felice, vissuta all'interno di una famiglia concepita come rifugio di affetti.
Dopo un iniziale periodo di smarrimento, Pascoli si dedicò allo studio e all'insegnamento, prima del greco e del latino in diversi Licei italiani, poi delle letterature classiche in diverse Università, fino a ricoprire la cattedra di Letteratura italiana all'Università di Bologna, succedendo a Giosuè Carducci, altro grande poeta italiano e premio Nobel per la Letteratura.
Tutta la vita di Pascoli, se si eccettuano i suoi contatti con la società letteraria dell'epoca, può dirsi raccolta e isolata; non costruì mai una famiglia sua, sebbene abbia tentato di ricreare insieme alle due sorelle Maria e Ida il focolare domestico perduto.
Pascoli ha scritto molte prose letterarie e saggi critici (su Dante, Leopardi, Manzoni), ma è stato soprattutto poeta, e grandissimo. Tra le raccolte da cui leggeremo citiamo Myricae e i Canti di Castelvecchio.
Pascoli, nel solco del Simbolismo francese, guarda alla natura come a un grande mistero: nascita, morte, dolore non possono essere spiegati compiutamente né dalla scienza né dalla religione: la vita scorre e riproduce se stessa come un miracolo, attraverso il ciclo di nascita-crescita-morte che riguarda i mondi celesti come il singolo filo d'erba.
Il ruolo del poeta è mettere in relazione le cose tra loro, anche quelle apparentemente lontane, attraverso lo strumento dell'analogia (accostamento di realtà lontane); per questo le figure retoriche più utilizzate dal poeta sono la metafora (avvicinare realtà appartenenti a ordini diversi) e la sinestesia (accostare due termini appartenenti a due piani sensoriali diversi).
La conoscenza che si ottiene è una conoscenza vera e profonda, superiore a quella scientifica.
La poesia è uno strumento di studio e interpretazione della realtà.
La natura per Pascoli è centrale, egli la chiama "madre dolcissima" che tutto comprende, cielo e terra, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande; il poeta è totalmente immerso nella natura animata, vibrante; ne riproduce i suoni (onomatopea), ne descrive i colori, gli odori, conosce tutti i nomi delle piante e degli animali, utilizzando una lingua semplice e precisissima.
Per Pascoli il poeta deve essere come un bambino, come argomenta nella sua Teoria del fanciullino; deve cioè conservare lo sguardo stupito e nuovo dei bambini, guardare il mondo e non vedervi le cose per quello che sono e per ciò a cui servono, ma andare al di là delle apparenze e trovarvi i significati nascosti.
Egli ha paura del buio, perchè al buio vede o crede di vedere; parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle, popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dèi: Piange e ride senza perchè, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime e ci salva, che nella gioia pazza pronuncia, senza pensarci, la parola grave che ci frena, ci rende tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce. Ci fa perdere tempo quando andiamo per i fatti nostri, perché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce. E chiacchiera intanto, senza fermarsi mai e, senza di lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre nelle cose somiglianze e relazioni più ingegnose. (da Il fanciullino, ridotto )
ATTIVITA' 1
1. Leggi ad alta voce la poesia e poi indica quali tra le caratteristiche sotto elencate sei in grado di riconoscere nel testo e dove:
struttura circolare (comincia come finisce) / epanalessi (ripetizione della stessa parola) / pause forti all'interno del verso
2. Il primo e l'ultimo verso propongono apparentemente la stessa immagine; tuttavia c'è tra essi una profonda differenza, quale?
3. Secondo te, questa poesia fa parte dei ricordi dell'autore?
4. Dei temi preferiti dall'autore, quali ritrovi nel testo?
5. Pascoli diede due diversi titoli alla poesia; prima la chiamò "Neve", poi "Orfano": tu quale preferisci e perché?
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana1 dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
NOTE
1 zana= culla
ATTIVITA' 2
1. Leggi attentamente la poesia; sottolinea gli elementi della natura che vi compaiono, sia quelli che il poeta solo immagina che quelli reali nel paesaggio. Poi fai un disegno che per te rappresenti il paesaggio descritto o esprima l' atmosfera dominante e le sensazioni che essa produce nel poeta e nel lettore.
Novembre
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.